Illuminante per capire il territorio il libro di Antonio Pennacchi, storia di una famiglia nell'epopea della bonifica
Terracina − terra di briganti, tappa prediletta dai
grand-turisti (Clemens Arts)
Questo
amalgama di stereotipi e di meccanismi frutto del ‘tourismo’ in Italia negli
ultimi secoli può essere analizzato più dettagliatamente e in modo più
concentrato, mettendo in luce una tappa obbligatoria nell’itinerario del Grand
Tour, in particolare sul tragitto
Roma-Napoli: Terracina. Infatti,
chi lasciava la città eterna per andare a sud lungo la Via Appia trovava, una
volta superate le paludi pontine, attraversate preferibilmente di notte e
rimanendo svegli fumando sigari in continuazione – tutto ciò per scansare la
pericolosissima malaria - giungeva nella ridente cittadina portuale e balneare
(che per lunghi secoli era anche città di frontiera tra lo Stato Pontificio e
il Regno di Napoli, in questo senso idoneo luogo di passaggio per giungere nel meridione
con tutte le sue promesse di bontà e felicità).
Innumerevoli
viaggiatori famosi e meno si entusiasmarono quando, giunti a Terracina dopo la faticosa
traversata dell’Agro Pontino, si trovavano finalmente davanti una vegetazione
opulenta e un paesaggio veramente mediterraneo. Chi, come Goethe, esultava
davanti ai fichi d’India, ai melograni e agli aranci, chi, come Johann
Gottfried Seume, davanti alle palme e agli albicocchi e chi, come Chateaubriand
e Hans Christian Andersen, davanti al mare, al cielo blu e alla spettacolare
luce dell'aurora sopra le montagne.
Se
non bastassero questi doni naturali a sottolineare il carattere privilegiato di
Terracina come tappa irrinunciabile del Tour, si potrebbe ricordare inoltre che
leggendariamente in questa striscia di terra, con il vicino Monte Circeo che
domina il panorama, la maga Circe esercitò il suo incanto e essendo dunque un
luogo di azione dell’Odissea questa ‘Riviera di Ulisse’, come l’ha battezzata
il settore turistico locale, si colloca per forza all’origine stessa della
letteratura odeporica occidentale. E la città di Terracina – ‘Tarracina’, come
dicevano gli etruschi e i romani, o ‘Anxur’, nella lingua dei volsci – vi si
trova a maggior ragione perché occupa una posizione eminente (‘subimus /
impositum saxis late candentibus Anxur’) anche nel famoso resoconto che Orazio
fece del suo viaggio a Brindisi, vero e proprio diario di viaggio..
Ma
non è tutto oro quello che luce e lo statuto di cittadina di frontiera conferisce
a Terracina, località decrepita e puzzolente di acqua stagna, anche un carattere
più cupo, fatto di letargia provinciale e di lungaggini burocratiche. La sua posizione
tra le paludi pontine da un lato e foreste e montagne dall’altro ne fa un luogo
ideale di sosta quasi obbligatoria. Il suo ruvido retroterra, specie lungo la
strada verso Napoli passando per Fondi e Itri, era famigerato per essere
infestato da bande di contrabbandieri e di briganti, i cui capi in epoche
diverse erano divenuti molto noti, ad esempio Giuseppe Mastrilli (prima metà
del Settecento), Michele Pezza, alias Fra Diavolo (fine Settecento), Alessandro
Massaroni (inizio Ottocento) e Antonio Gasbarrone o Gasparoni, che tutti
vantavano, chi più chi meno, la fama di ‘rubare ai ricchi per dare ai poveri’.
A parte l'effettivo pericolo che essi potevano comportare per i grand-turisti,
le storie di briganti esercitavano anche un particolare fascino sui
viaggiatori, che durante le lunghe serate nelle locande avevano
ampiamente
occasione di scambiarsi esperienze dirette o riportate di questo tipo di incontri.
Uno
dei campionari più famosi e più comici di avventure di briganti è quello che lo
scrittore statunitense Washington Irving incluse nei suoi Racconti di un viaggiatore (Tales of a Traveller) del 1824 sotto il
titolo ‘The Italian Banditti’ la cui cornice
narrativa è costituita da una tale scena di viaggiatori radunati per
raccontarsi storie nella grande sala un po’ sporca della locanda di posta a
Terracina.
L’umorismo
di questi racconti sta nel gioco sottile con le immagini preconcette cui ho
accennato prima, come quella del viaggiatore inglese diffidente, brontolone,
‘profoundly ignorant of the country and the people, and devoutly certain that
every thing not English must be wrong’ e soprattutto quella del brigante, violento,
raccapricciante, ma nel contempo pittoresco e romantico. Così, nel racconto
dedicato alla famiglia Popkins, la cui carrozza viene brutalmente saccheggiata
da una banda di rapinatori:
A sad ransacking took place. Trunks
were turned inside out, and all the finery and frippery of the Popkins family
scattered about the road. Such a chaos of Venice beads and Roman mosaics, and Paris bonnets of the young ladiesmingled with the alderman’s night caps and lamb’s wool stockings, and
the dandy’s hair brushes, stays, and starched cravats. The gentlemen were eased of their
purses and their watches; the ladies of their
jewels, and the whole party were on the
point of being carried up into the mountain when
fortunately the appearance of soldiery
at a distance obliged the robbers to make off with the spoils they had secured,
and leave the Popkins family to gather together the remnants of their effects,
and make the best of their way to Fondi.
Mentre
il padre all’arrivo fa una terribile scenata minacciando di fare reclamo ufficiale
all’ambasciatore inglese a Napoli, le sorelle Popkins hanno un apprezzamento
ben diverso della loro avventura:
As to the Misses Popkins, they were
quite delighted with the adventure, and were occupied the whole evening in
writing it in their journals. They declared the captain of the band to be a
most romantic looking man; they dared to say some unfortunate lover, or exiled
nobleman: and several of the band to be very handsome young men – ‘quite
picturesque’.
Oppure
nel racconto del pittore, che dopo essere caduto tra le mani di temibili briganti
offre al loro capobanda di fargli il ritratto e quest’ultimo, lusingato, da feroce
e cattivo si trasforma in un galantuomo del tutto affabile, un uomo in fondo buono
che per i fatti della vita si è visto costretto a darsi alla macchia, o come
dice Irving, usando il termine a suo dire ‘tecnico’ italiano ‘andare in
Campagna’. Con Irving prende forse inizio il ricco filone comico
nell’odeporica, in cui per esempio si inserirà subito per esempio anche
Heinrich Heine, con i suoi spesso esilaranti Quadri di viaggio (Reisebilder).
Infine, per quel che riguarda più specificamente Terracina in questo filone
comico va assolutamente menzionata l’opéra-comique in 3 atti di Daniel-François-Esprit
Auber su libretto di Eugène Scribe, creata il 28 gennaio 1830 a Parigi con il
titolo di Fra Diavolo ou l’Hôtellerie de Terracine che riprende quello di un
capitolo di Washington Irving (‘The Inn at Terracina’)
Un
altro scrittore, grande viaggiatore e conoscitore dell’Italia, che fu particolarmente
affascinato dal mito dei briganti, fu Stendhal, autore tra l’altro di guide turistiche
che sono tra le prime propriamente moderne: Roma, Napoli e
Firenze
e Passeggiate Romane. Infatti, come ha anche plausibilmente azzardato Roberto
Calasso, in quanto ‘non pretenda di dire come le cose sono racconta la sensazione
che gli hanno dato’ ponendosi dunque volutamente e coscientemente come istanza
soggettiva, Stendhal arriva a relativizzare e a rodere dall’interno i vari
stereotipi e pregiudizi e così facendo a inventarsi immagologo ante litteram.
I
riferimenti a Terracina non mancano nell’opera di Stendhal, né nella parte narrativa
che in quella più strettamente odeporica. Nella maggior parte dei casi il contesto
è quello del brigantaggio per cui la zona era, come si è detto, infaustamente
reputata. La già menzionata locanda di Terracina fu però anche il teatro di un
incontro fortuito o forse anche solo immaginario tra il 1816 e il 1817 fra Henri
Beyle, il vero nome di Stendhal, e Gioacchino Rossini, già allora acclamato genio
della musica. I due uomini, che non si erano mai ritrovati insieme, vanno d’accordo
e passano una bella serata che Stendhal non esita a descrivere nei termini più
esaltati eppur intrisi di malinconia:
Nous restons à prendre du thé jusqu'à minuit
passé : c’est la plus aimable de mes soirées
d’Italie, c’est la gaieté d’un homme
heureux. Je me sépare enfin de ce grand compositeur,
avec un sentiment de mélancolie. Canova
et lui, voilà pourtant, grâce aux gouvernants, tout ce que possède aujourd’hui
la terre du génie. Je me répète, avec une joie triste, l’exclamation de Falstaff: ‘There live
not three great men in England; and one of them is poor and grows old.
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